“Di Veronica Federico”


«E giace senza toccare cibo, in preda ai suoi dolori, consumando in lacrime tutto il tempo, da quando si è accorta d’essere offesa dal marito. E non solleva mai lo sguardo, il volto fisso al suolo; ascolta i consigli degli amici come una pietra o un’onda marina»
Ieri 27 Agosto, presso l’area archeologica dell’Appia Antica, l’accademia “Magna Grecia” – guidata dall’attrice e regista Sarah Falanga – è avvenuta la rappresentazione di una tragedia la cui protagonista è nel corso del tempo divenuta un simbolo: Medea. La cittadinanza con in prima linea il Sindaco Avv. Francesco Lavanga è accorsa per assistere ad un momento intenso e senza eguali.
Ma chi è questa tragica eroina il cui nome è sempre seguito da un lungo sospiro silenzioso denso di timore? È uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca. Il suo nome in greco significa “astuzie, scaltrezze”, infatti la tradizione la descrive come una potente maga dotata di poteri. La sua è una storia fatta di dolore e la magistrale interpretazione di Sarah Falanga è stata in grado di restituire tutte le sfaccettature di una donna distrutta dalla passione, dalla delusione del tradimento, consumata dalla voglia di vendetta ed erosa dall’atto estremo compiuto ormai in preda alla follia: l’infanticidio. La storia mitologica di Medea la vede moglie di un uomo che ama immensamente e per il quale uccide il fratello, Giasone suo unico pensiero tradisce il letto coniugale dopo aver concepito con Medea due figli, quest’ultimo decide di sposare la sua amante ed è a questo punto, offesa nell’orgoglio che Medea inizia a pianificare la sua vendetta; uccide l’amante di Giasone e suo padre – re Creonte – infine decide di togliere allo sposo traditore tutto ciò che possedeva: i suoi figli. Si macchia del sangue del suo ventre e diviene così emblema di una donna priva di raziocino a causa delle azioni di un uomo troppo superficiale e poco riconoscente nei suoi confronti.
La storia è più complessa; eppure, la compagnia “Magna Grecia” è stata in grado di restituire a pieno ogni singolo aspetto e sfumatura di una psiche così intricata come quella della protagonista. Una rivisitazione contemporanea, fatta tra il pubblico senza palco, luci soffuse, urla stridule, voci che si accavallavano facendoci immergere – e quasi annaspare – nella oscura coscienza del personaggio. Tra musiche suggestive (dal tango di Astor Piazzolla, passando per Brahma approdando a Braim Hnine) e coreografie ammalianti abbiamo incontrato tutte le donne che Medea ha rappresentato: donne tradite, volte alla sofferenza, madri infanticide, donne nemiche, donne animate dalla vendetta, donne sventurate e senza onore, ingannatrici e infine suicida.
Come la “sposa infelice” ha detto, da Medea in poi «onore giunge alla razza femminile» ed è questo che si è percepito, in un tempo come il nostro mai opera sembra essere tanto adatta e attuale, ahimè. Tutti i temi sono stati toccati in maniera forte: Mens e cupido, ratio e furor, atarassico e scaltro raziocinio e ira furibonda e collerica, ragione oculata e crudelmente calcolatrice e passione (dal latino “patior”: soffrire) dal potere annichilente.
L’associazione Riviera Domizia e il suo presidente il Cav. Vincenzo Buffardi sono stati lieti di partecipare ad un evento che, come il Consigliere comunale Titti Sciaudone ha dichiarato, ha alzato l’asticella degli eventi mondragonesi. Un tuffo risanatore nella cultura, un approdo alla propria terra natia che ci ha permesso di volgere per qualche istante lo sguardo alle nostre spalle per renderci conto l’attimo dopo che tra il lontano passato e il vivo presente non vi sono poi così tanti passi di distanza.
Medea è una donna che soffre, è una donna che spaventa, è una donna potente il cui dolore ha preso il sopravvento, ma è una donna che parla ancora, anzi urla forte e chiaro con l’intento di «viaggiare nelle coscienze dell’umanità»